Mater Materia (seconda lettura)

Questo testo è stato pubblicato per la prima volta in rete sul sito di Zenit il 9 novembre 1999 con lo pseudonimo Enrico Maria Segni ed è ancora disponibile sul mirror.

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La Parola di Dio, che è il vero Verbum demissum del Trevisano e la Parola perduta dei frammassoni medievali designa il Segreto materiale dell’Opera, la cui rivelazione costituisce il Dono di Dio, e sulla natura, il nome volgare o l’uso del quale tutti i filosofi mantengono un silenzio impenetrabile... concerne il soggetto dei saggi... e anche il modo in cui va lavorato... 
(DP 1 - 162)
Due nature, di forma simile, ma di proprietà contrarie... solo quella che sostiene il ruolo di materia femminile è segnata e nominata alchemicamente sul modiglione.. un drago alato... è l’immagine del corpo primitivo e volatile, vero e unico soggetto su cui si deve inizialmente lavorare... il suo nome tradizionale (è) pietra dei filosofi... 
(DP 1, 165) 
In effetti è veramente pietra, perché presenta, uscendo dalla miniera, i caratteri esteriori comuni a tutti i minerali. È il caos dei Saggi, nel quale sono racchiusi i quattro elementi, ma confusi e disordinati. È il nostro vegliardo e il padre dei metalli, che gli devono la propria origine, dato che rappresenta la prima manifestazione metallica terrestre...Lo si chiama anche drago nero coperto di scaglie, serpente velenoso, figlia di Saturno e "la più amata tra i suoi figli". Questa sostanza primordiale ha visto la propria evoluzione interrotta dall’interposizione e dalla penetrazione di uno zolfo infetto e combustibile, che ne impasta il puro mercurio, lo trattiene e lo coagula. E sebbene sia interamente volatile, questo mercurio primitivo, corporificato sotto l’azione seccativa dello zolfo arsenicale, assume l’aspetto di una massa solida, nera, densa, fibrosa, fragile, friabile, la cui poca utilità rende vile, abietta e disprezzabile agli occhi degli uomini. In questo soggetto - parente povero della famiglia dei metalli - l’artista illuminato tuttavia trova tutto ciò di cui ha bisogno per incominciare e completare il suo grande lavoro, perché vi entra, dicono gli autori, all’inizio, in mezzo e alla fine dell’Opera. Perciò gli Antichi lo hanno paragonato al Caos della Creazione, dove gli elementi e i princìpi, le tenebre e la luce, stavano confusi, mescolati e incapaci di reagire gli uni sugli altri. È il motivo per cui hanno descritto simbolicamente la loro materia nel suo primo stato con l’immagine del mondo, che contiene in sé i materiali del nostro globo ermetico, o microcosmo, riuniti senza ordine, senza forma né misura. Il nostro globo, riflesso e specchio del macrocosmo, perciò è solo una particella del caos primordiale... orientata e diretta verso il regno minerale... Questo Caos diventato corpo contiene confusamente il seme più puro e la sostanza più prossima che esista dei minerali e dei metalli. La materia filosofica perciò è di origine minerale e metallica. Partendo, non la si deve cercare che nella radice minerale e metallica. 
N.B. I richiami sono: DP 1, Les Demeures Philosophales, Tome I. DP 2, ibidem, Tome 2. Il numero di pagina fa riferimento all’edizione del 1965. MC, Le Mystère des Cathédrales, edizione del 1964. Le citazioni derivano tutte da traduzioni fatte ex novo sui testi originali.

Ricreazione

Su questo tema dovremmo soffermarci a lungo, senza comunque sperare di poterlo esaurire, tanto è vasto e tanto sono enormi le sue conseguenze. L’Adepto ci insegna dunque, per prima cosa, che il Soggetto dell’Arte è uno degli arcani principali dell’Opera, se non addirittura l’Arcano per eccellenza. Il nome volgare della materia iniziale, quella con cui si deve cominciare ad operare, sarebbe il Verbum Demissum, la Parola Perduta. Interpretata letteralmente questa affermazione sembra eccessiva e anche un po’ incomprensibile. Dobbiamo sforzarci di penetrarne il senso esoterico. Fulcanelli descrive più volte il soggetto, e ne dà diverse definizioni. Se queste sono utili per conoscerne la forma corporea, ci possono anche aiutare a intravederne la profondità metafisica. Questo ente misteriosissimo, innanzitutto, è personificato nella Madonna, la Vergine Madre. Lo dice lo stesso Adepto:

La Vergine Madre, spogliata dal suo velo simbolico, non è altro che la personificazione della sostanza primitiva di cui si è servito per realizzare i suoi disegni il Principio creatore di tutto ciò che è: 
Il Signore mi ha posseduta all’inizio...
Io ero prima che formasse qualche altra creatura.
Io ero dall’eternità prima che la terra fosse creata.
Gli abissi non erano ancora, e io ero già concepita.
Le fontane non erano ancora uscite dalla terra...
quando poneva le fondamenta della terra, io ero con Lui 

La Vergine è il vaso che contiene lo spirito delle cose: 
Vas spirituale Tosone di Gedeone
Palma patientiae Rosa mistica
Lilium inter spinas Porta del cielo
Miele simbolico Casa dell’oro
Sede della sapienza Soggetto della scienza 

... la Luna che riceve i raggi del Sole e li conserva segretamente nel suo seno. 
... è la dispensatrice della sostanza passiva che lo spirito solare viene ad animare. 

... Maria, madre di Gesù, era della discendenza di Jesse. Ora la parola ebraica jes significa fuoco, sole, divinità. Essere della discendenza di Jesse perciò equivale ad essere della razza del sole, del fuoco. Come la materia trae la sua origine dal fuoco solare...
Infine... la Vergine è chiamata propriamente radice (salve radix) per indicare che è il principio e l’inizio del Tutto: Salve, radice grazie a cui la Luce ha brillato sul mondo...
Da tutto ciò vediamo che il Soggetto dei Saggi è la personificazione, la corporificazione, della Sapienza. Appare molto chiaramente nella Bibbia, dove alcune espressioni sembrano tipiche del risultato della Grande Opera: 

Lunghezza di giorni nella sua destra, e nella sinistra ricchezza e gloria (Proverbi 3, 16) 

È albero della vita per chi se ne impadronirà... (Proverbi 3, 18) (MC 90)
Notiamo velocemente (ma varrebbe la pena di esaminare uno ad uno i passi che le si riferiscono, specialmente quelli di Proverbi 8, 22 e segg., di cui Fulcanelli ci ha dato un estratto) che, poiché la Grande Opera è una riproduzione della Creazione del Mondo, nella descrizione biblica del momento genesiaco citata dall’Adepto abbiamo anche una rappresentazione dell’operazione del Mercurio all’inizio dell’Opera: lo sgorgare delle acque, la simultanea formazione della terra, la loro reciproca fissazione e conseguente delimitazione.

Perciò la nostra Vergine rappresenta contemporaneamente almeno tre cose, diverse eppure simili, comunque apparentate perché una discende dall’altra. Sono: la Sapienza di Dio, Anima del Mondo, o Spirito Universale, o Mercurio Universale, esistente in initio, ab aeterno, causa efficiente di tutto ciò che segue; poi la Prima Materia, Vergine Nera, causa sostanziale o materiale della Creazione; Infine la Vergine Bianca, Mercurio Comune dei Filosofi e causa finale di questa prima parte della Genesi. Rileggiamo in proposito alcuni passi del Khunrath che a questo ha dedicato il suo preziosissimo testo. Nell’Anfiteatro dell’Eterna Sapienza dice, tra l’altro:

La sapienza è più mobile di qualunque movimento, cioè per la celerità del suo movimento vince qualunque moto e penetra ogni cosa a causa della sua purezza e della sua sottigliezza. 
Questo, figlio mio, è ciò che i Sapienti intendevano filosofando del moto perpetuo. Questo moto... è la forza di tutta la forza del forte: e perciò vincerà ogni cosa sottile e penetrerà ogni cosa solida. Essa muove sapientemente, conserva potenzialmente, anima e vivifica ogni cosa. 
Se tu conosci la Natura (che tutti gli Antichi e i Padri ortodossi hanno affermato verissimamente e molto pietosamente essere qeoufonhn (Theoyphonen), cioè la "voce" di Dio). Teosoficamente, sia in astratto che in concreto, sia universalmente che particolarmente, tu conosci (credimi) il moto perpetuo dei Sapienti. 
... il libro della Natura spiega il libro della sacrosanta scrittura e viceversa. Apprendete dunque a conoscere il sale della sapienza antichissima, il vitriolo cattolico della natura (etimologicamente "cattolico", dal greco katholikon, significa "universale", n.d.r.), che si trova cattolicamente nella sola miniera della sapienza, e voi conoscerete Teo-Soficamente tutto in tutte le cose. 
E sebbene, secondo il secolo, non vi sia nulla di più ignominioso, di più disprezzato, di meno onorato, di questa Miniera, tuttavia è lei, che il mondo disprezza iniquamente, quella cosa che il Teo-Sofo glorifica degnamente. 
... Ho amato le sue forme, perché la mia amica è tutta bella... 
... La Sapienza divina riassume le forme di tutte le cose eminenti per la loro bellezza... 
... La Pulcritudine della Sapienza è negli Angeli splendore, negli Astri irradiazione, nei Cieli candore, nell’Aria luce, nella Terra viridità, nell’Acqua limpidezza, nei Fiori colore, negli Animali proporzione, nell’uomo bellezza e figura, nell’Anima ragione, nei Fedeli Fede. 
Dio dà e invia la Sapienza. Non l’uomo o qualche libro (umano). Essa si trova presso Dio, non presso gli uomini o qualche altra creatura. 
Essa è comunicata dall’Influenza, dalla Luce e dal Movimento del Sole Divino. Gridiamo dunque tutti, con tutto il nostro amore: Cieli Divini, versate dall’alto la vostra rugiada e che le nubi lascino piovere la Sapienza del Sapientissimo. Che si apra la Terra... 
Heinrich Khunrath, Amphitheatrum Sapientiae Eternae, 1609
Non potremmo concludere più degnamente questa prima parte delle nostre divagazioni che con le parole che prendiamo dalla splendida opera di Giuliano Imperatore - quello che il mondo volle tacciare di apostasia - dedicata alla "Madre degli Dei" (dove i corsivi sono nostri):

Chi è dunque la Madre degli dèi (h Mhthr tvn qewn, e Meter ton theon)? È la sorgente (phgh, pege) degli dèi intelligenti e demiurghi che governano le cose visibili, la genitrice e allo stesso tempo la sposa del grande Zeus, grande dea venuta all’esistenza subito dopo e insieme al grande demiurgo 
È la signora di ogni vita, causa di ogni generazione, che (oziosamente) porta a compimento nella quiete ciò che è fatto, partorisce senza dolore ed è demiurga col padre di ciò che esiste, è la vergine senza madre, il cui trono è in comune con quello di Zeus, ed è effettivamente la madre di tutti gli dei. 
Infatti, avendo ricevuto in sé le cause di tutti gli dei intelligibili (nohtwn, noeton) sovracosmici, divenne la fonte degli dei intelligenti (noeroiV, noerois). Questa dea.. è anche provvidenza (pronoia, pronoia). 
Giuliano Imperatore, Inno alla Madre degli dèi, 166-c
Dunque, e innanzitutto, la Materia di cui parliamo è lo Spirito Universale, l’Anima del Mondo, la Natura, la sostanza (intelligente) che è alla base di tutta la nostra manifestazione.

Senza di lei non c’è vita. In una visione neoplatonica potremmo dire che è la prima emanazione, quella che pervade l’Universo. Per questo, senza tante fantasie che hanno fin troppo a lungo afflitto gli studi di Alchimia, i Maestri possono affermare veracemente che questa materia tutti la possiedono, dal più ricco al più povero, che si trova dovunque, etc., come dice Valois:

Esiste una pietra di grande virtù, ed è detta pietra e non è pietra, ed è minerale, vegetale e animale, che si trova dovunque e sempre e presso chiunque.
È il vero Caos della stessa Creazione, che contiene in sé tutto ciò che poi si manifesta, perciò è la madre di tutto. E dato che questa materia è una porzione del Caos originario, e che la Grande Opera, ripartendo dall’inizio, ripercorre tutte le tappe della Creazione, l’alchimista, "simia Dei" e piccolo demiurgo, potrà osservare la Natura in tutte le sue manifestazioni. Il nostro soggetto acquisisce perciò un nuovo nome, quello di "Specchio", perché vi si vede riflessa l’Opera per eccellenza, quella divina. Nell’iconografia più precisa questo specchio è convesso, perché riflettendola, riduce l’immagine in piccolo (microcosmo). Dice a questo proposito l’Adepto:

[...] un busto femminile riflesso da uno Specchio. Riconosciamo il geroglifico del Soggetto dei Saggi, specchio nel quale si vede tutta la natura allo scoperto - (MC 128)

Lo specchio simboleggia l’inizio dell’opera... Alchemicamente la materia prima, quella che l’artista deve scegliere per cominciare l’Opera, è denominata Specchio dell’Arte...  - (MC 124)

Riassumendo: uno specchio, un corpo di natura minerale e metallica, una corporificazione della Sapienza divina, una particella del caos originario e primordiale, una rappresentazione della Vergine Madre. Dal punto di vista fisico ed esteriore la sua caratteristica principale e più importante è quella di essere rivestita di un corpo repellente e spregevole, oscuro e vile, che la rende priva di qualunque valore agli occhi dei non iniziati e su cui i Maestri insistono molto. Lo aveva già detto Khunrath, lo ripete Flamel:

Esiste una pietra occulta, nascosta e seppellita nel più profondo di una fontana, che è vile, abietta e per nulla pregiata; ed è coperta di sterco ed escrementi...
Come dice di sé la sposa del Cantico di Salomone (1, 4):

Sono nera, ma sono bella, figlie di Gerusalemmecome i tabernacoli di Kedar, come le tende di Salomone
Si ripercorre così la meravigliosa fiaba di Pelle d’Asino, quando la splendida principessa è rivestita con la spiacevole spoglia dell’animale, come ci racconta Perrault:

... Per rendervi irriconoscibile La spoglia dell’Asinoè una maschera ammirevole.Nascondetevi bene in questa pelleNon si crederà mai, tanto è orribile,Che racchiuda qualcosa di buono[...]La fanciulla tuttavia continuava il suo cammino,Il viso coperto da una vile sporcizia,A ogni Passante tendeva la mano,E cercava di trovare un posto per servire;Ma il meno delicato e il più disgraziatoVedendola così sgradevole e così piena di sporco,Non voleva ascoltare né accettare in casaUna così laida creatura
L’inganno è terribile, e il paradosso della logica volgare impedisce ai più di riconoscere sotto le vesti orride della Vergine Nera quella Madonna Bianca e splendente, quel Mercurio, essenziale e unica materia di cui hanno bisogno i Saggi:

In mercurio est quidquid quaerunt sapientes: tutto ciò che cercano i Saggi sta nel mercurio, ripetono sino alla noia i nostri vecchi autori. 
... Senza di lui, senza questo mercurio estratto dalla nostra Magnesia, ci assicura Filalete, è inutile accendere la lampada o il forno dei Filosofi. (DP 1, 197)
Infatti malgrado il suo aspetto e le sue caratteristiche di apparente laidezza e inutilità, questa materia disprezzabile e di nessun valore è già la Pietra Filosofale, almeno in potenza, come insegnano tutti i Maestri e come ripete con loro Fulcanelli:
Questo soggetto, così volgare e così disprezzato, diventa in seguito l’Albero della Vita, Elixir o Pietra Filosofale, capolavoro della natura aiutata dall’industriosità umana... (MC, 124)
L’Arcano, come diceva l’Adepto, è davvero grande: nessun Maestro lo ha mai insegnato a un discepolo se non per analogia, perché possedere questa materia e riconoscerla è già un Dono di Dio, e solo a Lui sta manifestarlo a chi ritiene degno. Perciò nell’iconografia ermetica questo corpo è stato tradizionalmente rappresentato con immagini sgradevoli e sgraziate: diavolo e drago, le più comuni e le più note. Fulcanelli si dilunga sulla prima, dandoci una descrizione non comune, dettagliata e caritatevole, della Vergine Nera, prima della sua straordinaria e incomprensibile fecondazione spirituale:

Il diavolo, immagine della grossolanità materiale opposta alla spiritualità, è il geroglifico della prima sostanza minerale, come la si trova nelle sedi metallifere dove i minatori vanno a estrarla. 
Un tempo si vedeva rappresentata con l’immagine di Satana.. la signora pietra d’angolo, cioè la nostra pietra angolare e il blocco primitivo su cui è edificata tutta l’Opera.
Si deve ammettere che per essere così simboleggiato con tratti deformi e mostruosi - drago, serpente, vampiro, diavolo, tarasca, etc. - questo sfortunato soggetto deve avere natura ben disgraziata. 
In effetti, il suo aspetto non ha nulla di seducente. Nero, coperto di lamine scagliose, spesso rivestite di puntini rossi o di uno strato giallo, friabile e fosco, dall’odore forte e nauseante, che i filosofi definiscono toxicum et venenum, sporca le dita quando lo si tocca, e sembra riunire tutto ciò che può dispiacere. 
Tuttavia questo primitivo soggetto dei saggi, vile e disprezzato dagli ignoranti, è il solo, l’unico dispensatore dell’acqua celeste, il nostro primo mercurio e il grande Alkaest. (DP II, 97)
Lo ripetiamo anche noi, ancora una volta: questo aspetto disgustoso e repellente, fetido e sudicio, nasconde il tesoro più grande che sia riservato all’uomo su questa terra. Da questo deriva l’altra sua immagine che, ci ricorda l’Adepto, è la più comune e la più diffusa:

[...] in tutte le leggende antiche di Asia e di Europa, è sempre un Drago ad essere preposto a guardia dei tesori... (DP I, 197)

La nostra amata e benedetta prima Vergine è anche, e al contempo, la Tarasca, il Drago che protegge i tesori e tiene prigioniera la fanciulla, la seconda Vergine, il Mercurio che il Cavaliere dovrà liberare. Questo drago, che è già a modo suo un vaso, ne contiene un altro più puro e più prezioso. Ancora una volta è Fulcanelli a parlarcene, con una chiarezza insolita:

[...] un vaso decorato di scaglie e contenente dei germogli floreali, dei frutti, delle spighe di mais...
Il vaso scaglioso raffigura quella sostanza primitiva che la natura offre all’artista all’uscita dalla miniera e con la quale inizia il suo lavoro.
Da questa estrae i diversi elementi di cui ha bisogno; è con lei e per suo mezzo che si compie tutto il lavoro.
 I filosofi l’hanno rappresentata con l’immagine del Drago nero e coperto di scaglie...
Il potere vegetativo indicato dalla fruttificazione del vaso simbolico, è dunque espressamente confermato nel drago mitico, che si sdoppia in mercurio comune o primo dissolvente. (DP I, 259)
Fulcanelli insiste sul simbolo del Drago che, ci insegna, veniva chiamato Ladon, che suona come Laton, la nostra Latona, che riconduce al verbo greco lhqw (letho), "essere nascosto, sconosciuto, ignorato". "Imbiancate Latona e rompete i vostri libri, perché non siano spezzati i vostri cuori", ripetono i vecchi Maestri, riportandoci all’altra immagine simbolica della nostra materia, il libro.

Abbiamo già insistito sul nome che gli antichi davano alla loro materia, che chiamavano Liber, il libro. Questo minerale presenta una configurazione particolare: le lamine cristalline che ne formano la struttura sono, come nella mica, sovrapposte come i fogli di un libro. Il suo aspetto esteriore gli ha meritato l’epiteto di lebbroso e quella di Drago coperto di scaglie, perché la sua ganga è squamosa, sgradevole e rude al tocco. (DP I, 316)

Una Vergine Nera che è anche Diavolo e Drago. Quando, dopo l’Annunciazione, penetrata dallo Spirito, è diventata bianca, cioè è divenuta la nostra terra bianca fogliata, la si vede pudica dinanzi all’Arcangelo, con la mano che poggia su un libro aperto.

L’apertura del libro, l’acqua che sgorga dalla roccia, l’uccisione del drago che libera la fanciulla prigioniera, sono tutte rappresentazioni simboliche dell’operazione che si deve compiere inizialmente su questa materia misteriosa su cui ci siamo tanto dilungati, libro sempre chiuso dalla Natura per il profano, ma che diventa, per l’iniziato che riesce ad aprirlo, lo specchio in cui potrà apprendere tutti i segreti del macro e microcosmo.

Per l’indegno che osasse invece tentare l’avventura, senza averne diritto e conoscenza, ammettendo che riesca ad entrare in possesso del libro chiuso, il che ci pare molto improbabile, ed a riconoscerlo, e questo ci sembra ancora più difficile, la Belle Dame sans mercy mostrerà il suo volto demoniaco e mortale, ed egli non potrà sfuggire alla punizione cui lo ha portato la sua insipienza e la sua infinita presunzione.

Ma lasciamo questi pensieri tristi e un po’ lugubri, e giochiamo con la nostra cabala, notando che soggetto, sujet, diventa sukia (sykia), "inutile, buono a nulla", a sottolineare il poco valore della materia iniziale. Risuona anche suzugew (syzigeo), "essere collegato, aggiogato insieme", e suzugia (syzygia), "unione, coppia", perché questa materia non si trova già preparata in natura, ma è il risultato di una prima congiunzione. Non facciamoci ingannare dai Maestri quando ci dicono che questo minerale è "estratto dalla miniera". Si deve capire di che miniera si tratta, e in qual modo l’alchimista stesso lo deve estrarre col piccone appropriato. In effetti ricordiamo ancora di aver avuto la notizia, che ci ha fatto sorridere un po’ melanconicamente, di giovani pieni di buona volontà che andavano per autentiche miniere a scavare non si sa quale minerale. Santa ingenuità di chi continua a prendere i testi ermetici alla lettera, a confermare che la strada dell’Inferno è sempre lastricata di buone intenzioni!

Fulcanelli ricorda i nomi dei genitori del nostro drago: sono Tifone ed Echidna, e insegna che

il greco Tujawn (Typhaon)... - il Tifone egizio - significa riempire di fumo, accendere, bruciare. Ecidna  (Ekidna), non è altro che la vipera. Per cui possiamo concludere che il drago trae da Tifone la sua natura calda ardente, sulfurea, mentre deve alla madre la costituzione fredda e umida, con la forma caratteristica degli ofidi.
D’altra parte sigaw (sigao) è "tacere, tener segreto, occulto", e sigh (syge) è il "silenzio", di questo arcano dunque non si deve parlare. Il legame poi è evidente con sukea (sykea) (sukh, syke), il "fico", la pianta religiosa e sacra i cui frutti stillano un umore biancastro e gommoso.

La radice metallica, in francese racine, sarà rakinoV (rakinos), "lercio, cencioso", da rakoV (rakos), "cencio, straccio, brandello", che ci riporta ancora a Pelle d’Asino e alla sua orrida veste.

Potremmo proseguire con altre "spiritosaggini", ma avremo certamente ancora occasione di tornare su Notre-Dame de dessoubs terre, Nostra Signora di sottoterra, e di notare le sue particolarità.